giovedì 7 febbraio 2013

Chiedetemelo domani


Paolo e io ci conosciamo da trentotto anni e da almeno trentadue siamo molto amici.
La vita ci ha portati ad abitare lontani, perciò ci vediamo pochissimo, ma ci sentiamo con una certa frequenza, soprattutto per parlare della grande passione che abbiamo in comune: la musica.
Capita spesso che ci mettiamo a discutere e va sempre a finire che cominciamo a stilare classifiche o liste.
Una delle nostre preferite è la classifica dei dischi dei King Crimson, ma ogni volta che ne parliamo è diversa e concludiamo dicendoci: “Oggi è questa, ma chiedimelo domani”.
Già, perché domani l’ordine può essere cambiato, specie se dopo averne parlato cominciamo a riascoltarli tutti.

In questo momento, mentre sto scrivendo, il mio archivio musicale conta 952 artisti, 3276 album, cioè 34.762 brani, che equivalgono a 119 giorni, 2 ore, 54 minuti e 6 secondi di ascolti ininterrotti.
Oggi ho scelto un disco dei Caravan del 1971, ieri gli Steely Dan del 1974, l’altroieri un live di Fripp e Sylvian del 1993 e così via.
Li conosco benissimo, ascoltati mille volte, magari ci passo tutto il tempo libero con la cuffia sulle orecchie mentre sbrigo le faccende di casa, porto il cane a passeggiare, carico il carrello al supermercato.
Prendo un disco e lo ascolto anche più volte, magari lo mando in loop finché non mi ha svelato tutte le sue sfaccettature e questo accade sia con musica che ascolto da quarant’anni, sia con dischi pubblicati la scorsa settimana.
Una parte della musica che ho in archivio non mi piace, ma la tengo lì ugualmente, perché non conosco i percorsi del mio cuore, quindi potrebbe accadere che domani quello che ora mi muove un fastidio sconvolga tutto.
La musica ha milioni di sfaccettature e fa vibrare corde molto profonde.
Se ascoltassi sempre e solo le stesse cose, sempre e solo una ristretta rosa di brani che conosco e so di amare, alcune corde che ho non vibrerebbero, o addirittura non avrei mai scoperto di possederle.
Invece ci sono. 
Per il principio di risonanza, ogni nostra percezione necessita di una corrispondenza interna in grado di vibrare e di rimandarci una sensazione, fisica o emotiva. Se questa manca, l’aspetto della realtà ad esso relativo è come se fosse inesistente e non lo cogliamo, neppure se ne veniamo colpiti in pieno.
Quindi ciò che siamo in grado di comprendere del mondo che ci circonda, ciò che ci fa gioire o soffrire, è lo specchio di ciò che siamo.
Quando ascolto certi brani, c’è una sensazione di piacere che diventa sempre anche fisica, pare mutare la densità del sangue che scorre in me, sembra sciogliere grovigli o rispondere a bisogni.
Quando li ascolto tante volte, li riscopro dopo mesi -o anche dopo anni- questa sensazione si rinnova e si amplifica: una parte di me, infatti, li conosce e li riconosce, un’altra tuttavia è come vergine e pronta a recepire qualche dettaglio che immancabilmente c’è e che colgo per la prima volta, perché ogni giorno, ogni esperienza, ogni passo della mia vita mi hanno preparata a farlo creando risonanze nuove.
Allora c’è quell’attimo, quel passaggio, che fa esplodere una bellezza inaspettata, qualcosa che mi appartiene ma che non sapevo di avere.
Riconosco l’attimo preciso, potrei fare una lista del secondo esatto più bello dei brani più belli che conosco - credo che la prossima volta che ci sentiremo, Paolo ed io, glielo proporrò.
Me ne vengono in mente già alcuni: Starless dei King Crimson, quando alla fine si riapre il tema iniziale a 11:18; Dream Gerrard dei Traffic quando entrano le tastiere a 1:53 e il reiterare “with reality, with reality” di Steve Winwood e quella nota lunga del sax di Chris Wood a 5:47; la modulazione della voce di David Sylvian nel cantare “I’ll never let you down” in Wave; la pausa tra “cry” e “baby” che fa Janis Joplin in Cry Baby; il moog di Keith Emerson a 3:03 in From The Beginning...ne ho altri mille, potrei scriverci un libro, raccontando che cosa c’è dentro ciascuno questi attimi dei quali, come il clown di Heinrich Böll, faccio collezione.

Ecco a cosa servono trentaquattromilasettecentosessantadue brani.
Lo so che vivo nel mio mondo, spesso inaccessibile ai più, dove coesistono visioni ed emozioni, sensi e pensieri in una realtà composita tutta mia, ma penso che ognuno con le sue cose sia così, se ha una passione vera.
Questo ascoltare, riascoltare, scoprire e riscoprire è una continua ricerca di attimi fulminanti, di trucchi di radianza, come diceva Sylvia Plath a proposito dei miracoli.

Se oggi mi chiedeste la classifica dei dischi più belli dei King Crimson, direi: Lark’s, Lizard, In the Court, Red, Island, In the Wake...ma richiedetemelo domani.



1 commento:

  1. Beh, come gusti musicali... Se non sono proprio i miei poco ci manca! Non sono così esperto dei KCrimson da fare una lista, ma per il resto... Ho anche dei dischi, intendo dire LP di vinile, anche se non arrivo alla montagna che hai tu. Mi piace il suggerimento di tenere anche la musica che non ti piace, perché si potrebbe cambiare col tempo. Infatti ogni lustro cambia gusto!

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione e quindi non compaiono subito.