domenica 30 dicembre 2012

Burle letterarie


Una decina di anni fa, grazie ad un’amica e collega sagace prosatrice e ottima poetessa, mi iscrissi ad un sito di scrittura creativa, dove cominciai a pubblicare i miei prodotti “letterari”.
Ero in buona compagnia di tanti altri dilettanti, alcuni di gran talento, la maggior parte di buona volontà.
Per me fu un passo molto importante, perché significò tirar fuori dal cassetto pagine e pagine scritte con divertimento e passione, ma fino a  quel momento tenute solo per me, per insicurezza e pudore.
Il sito era molto carino e c’era la possibilità di votare e commentare gli scritti degli altri.
Grazie a queste votazioni, veniva stilata una classifica -non ricordo se mensile o settimanale- sia per la prosa, sia per la poesia, dei componimenti più graditi al pubblico.
Tutto sarebbe stato molto bello, senonché mi accorsi subito di alcuni meccanismi sociali che nel corso del tempo si sarebbero rivelati fatali per il gradevole clima della comunità di sedicenti scrittori.
Anzitutto vigeva una sorta di voto di scambio, per cui se si voleva veder votato il proprio scritto bastava commentare qua e là un po’ a caso gli scritti di altri. 
Perché si facesse questo non lo so proprio, dal momento che falsava ogni possibile onesto riscontro del pubblico ai propri lavori, ma spesso si votavano anche cose abbastanza orrende -anche mie, beninteso- per una sorta di cortesia salottiera, accompagnando talvolta il voto con commenti di circostanza che finivano per diventare cifra identificativa dell’autore, più che dello scritto in sé: “il tuo cuore delicato traspare dalle belle parole...”, “ amo il tuo senso della vita...”, “ spero che un giorno qualcuno saprà abbracciare il tuo dolore...”
Le conseguenze di questa usanza cretina erano principalmente due:  da un lato finivano in classifica quasi sempre scritti piuttosto brutti, solo perché erano popolari e compulsivi nei commenti i loro autori; in secondo luogo non erano tollerate le critiche di tipo squisitamente letterario, perché venivano lette come attacchi alla persona.
Se si osava definire una poesiola da tardo adolescente in menopausa “gradevole, ma non originale nelle immagini” -quindi non una stroncatura con il classico “è una cagata pazzesca”- si veniva subito tacciati di inspiegabili invidie verso la suddetta poetessa tardona, o chi per lei.
Diciamo che quindi era ammessa solo l’approvazione e non la critica, neppure se costruttiva.
Ogni volta che usciva la classifica poi, c’era gente che andava su tutte le furie, manco si fosse vista sfumare un prosciutto messo in palio.
Ne seguivano interventi di ogni tipo, litigi in coda ai commenti, insulti e diffamazioni a mezzo di sentito dire di amici di amici, in una rissa collettiva piuttosto beota, benché in dolce stil novo.
L’ultimo aspetto era quello relativo all’inciucio: come in ogni salotto virtuale, dietro a lettori o lettrici appassionati spesso si celavano cuori solitari in cerca dell’altra metà, capaci di trasfigurarsi per gelosia o brama di conquista.
Nascevano anche amicizie, però, come quella tra Matteo, splendido prosatore romano, e me. Un’amicizia bella, che ancora resiste alla lontananza e ancora ci fa identificare nell’altro il primo e più appassionato lettore di ogni piccola o grande pagina che scriviamo.
Un giorno Matteo ed io arrivammo al punto di tracimazione con le dinamiche di questo sito ed organizzammo una burla.
Creammo due personaggi, ciascuno con relativo account sul sito, al quale potevamo accedere entrambi indistintamente: Sylvia e Rattigan.
Sylvia perché a qualcuno venisse in mente un rimando alla Plath, accostamento invero arditissimo.
Rattigan in onore del topo cattivo di Basil l’Investigatopo, cartone animato Disney.
Sylvia era una giovane romantica, timida e dotata di una profonda vocazione lirica: scriveva poesiole, non più idiote di quelle che molta gente pubblicava sul sito, dai cui versi traspariva un timore virginale che la faceva arrossire per nulla.
Scriveva cose del genere:

         CONFIDENZIALE
Te lo sussurro
piano
che solo tuo è il pudore
di pettirosso:
io ti amo. 

L'insieme di versi e titolo era piuttosto irritante, ma Sylvia funzionava.

        FREMENTATTESA
Lampi d’arcobaleno
illuminano
il candore dei miei anni.
Già so
che tremerò al tuo cospetto.

Oppure, tediosa come poche:

          LONTANAMENTE
Basteranno queste poche ore
insieme a te
a riempire di profumi
la tua assenza?
Non chiederlo al mio amore,
fiore reciso,
che si nutre 
della dolce incoerenza.

E ancora, l’opera che portò Sylvia agli onori del podio e la fece riconoscere come uno degli animi più delicati del sito:

          EF-FUSIONI
Piccole solitudini
quando si sciolgono
corpi annodati
che l'orgasmo in se stesso
non ricolma.
E' l'anima 
a cercare abbracci
legami eterni
intrecci coi fili d'oro
della luna...

Quest’ultimo componimento conteneva due elementi assolutamente vincenti: la parola “orgasmo”, che immediatamente risvegliò gli inciucioni quiescenti che fino a quel momento avevano cercato di prenderle le misure, e i puntini di sospensione, indispensabili per qualunque poetessa dilettante, laddove voglia lasciar intuire che tutta la sua purezza è abbastanza confutabile.

Rattigan invece era una sorta di poeta maledetto, un losco figuro che viveva in una mansarda affacciata su Campo de’Fiori, un personaggio tormentato che scriveva cose astruse per dar libero sfogo alle sue ombre.

          EX- CERNERE
Sfocato primopiano
e sullo sfondo
teorie di funamboli
su precari fili di inganno
Accanto il tempo
con la sigaretta in mano
brucia i miei giorni
mentre ciò che di me è
empirico, empatico, 
diventa empio
e scivola attraverso
fredde zolle di terra.

N.B. il verso finale era “scivola attraverso fredde tubature”, ma l’allusione era troppo palese, perciò la cambiammo.

Rattigan era parecchio ermetico, quando voleva:

          IT'S  A BAD LINE
Pentimenti,
zecche annidate
nei solchi della ragione
gonfie di dubbi.
          - Tacchino arrosto con salsa?- 
Solo ergodiche
prospettive.

N.B. nell’originale rattiganiano, la domanda era formulata in inglese “ Roast turkey and redcurrant jelly?” Naturalmente tutto ciò faceva parte dell’ermetismo torvo del personaggio.

Nell’oscurità di Rattigan si celava anche un burlone, tant’è che un giorno pubblicò questa:

          URANIO
Immorale/umorale
Non
Trovo - cerco?
Riposo
In - chi fu? chi fui?
Sordide sistoli
Oniriche/onanistiche
Deflagrazioni
Intellettuali impoverite
Morendo di questa vita
Effimera - esausta!
Rivendico la resurrezione
Della mia
Anima

Neanche a dirlo, nessuno si accorse dell’acrostico, eppure i commenti furono numerosi ed entusiastici.
Credo che Rattigan raggiunse le vette della sua poetica con due componimenti, il primo mio con titolo di Matteo, il secondo di Matteo con titolo mio.

          REO CICLOPE
Luna guardinga
nel cielo scheggiato
il mio unico occhio
ti scruta
la mia mente
si sbrana
da sè
-AUTOCANNIBALISMO-
rigurgita e rumina
frusta
verità
d'inutile 
massa di creta
e stimolo
elettrico

E la sublime:

          LEGGE DI DELTA
Del mio osso
avidamente spolpi
spatola che squarcia, anima di denti
CROC CRIC CRAC
Di burattini
sospesi in aria
udendo grida, anima di legno
TIC TOC TAC
Di psicodrenaggio
di donna-catetere
risucchi il seme, anima di voglia
LIP LAP LOP
Ora va’ via
sfiniscimi di assenza
RAT-TAT-TAK

Le “poesie” - le virgolette sono d’obbligo- venivano scritte anche a quattro mani, durante lunghe telefonate notturne, oppure quando capitava: in coda alla cassa del supermercato, fermi a un semaforo, mentre si mangiava un panino, appuntate su scontrini, vecchi biglietti di qualcosa, su post-it attaccati al frigorifero, a margine di pagine strappate da un giornale. 
Ogni “poesia” non richiedeva più di dieci minuti, ma se aveva il respiro dell’ode cinquecentesca, altrimenti anche meno.
Ce le scambiavamo via mail e all’altro toccava dare il titolo.
Poi ci si sentiva al telefono e si passavano le ore a raccontarci le vite di questi due, totalmente inventate.
Sylvia amava Rattigan, che la trattava male, ovviamente perché temeva la forza redentrice del suo amore salvifico, quando lui non aveva alcuna intenzione di redimersi.
Matteo ed io progettammo di portare Sylvia ai vertici della classifica in una settimana, e Rattigan entro un mese. Cominciammo a commentare e a votare come pazzi e i risultati arrivarono subito.
Uno degli aspetti più divertenti della faccenda era che quando uno dei due pubblicava a nome di Sylvia, o di Rattigan, l'altro correva a votarlo e a lasciare commenti, quindi giocavamo a sorprenderci anche tra noi.
Sylvia seminava un po' ovunque su lavori di altri commenti zuccherosi, mentre Rattigan commentava in stile joyciano, in uno stream of consciousness senza punteggiatura, fatto di metafore sempre sul filo del litigio.
Sylvia raccattò anche un paio di spasimanti, peccato che fossero gli stessi che avevano già spasimato per me a suo tempo.
Rattigan divenne una sorta di icona per tutta la frangia underground dei poeti della domenica.


Poi accadde che un giorno entrambi decidemmo di cancellare tutto e di non pubblicare più nulla a loro nome: ci eravamo affezionati ai nostri personaggi, alcuni loro componimenti ci parevano persino belli e non volevamo più gettarli in pasto alla piaggeria imperante sul sito.
Cancellammo loro, cancellammo Bibi e cancellammo Matteo.
Fu tuttavia uno dei periodi più creativi e divertenti di tutta la nostra carriera letteraria, e grazie al cielo questo non si cancella.




<grazie di cuore a Matteo>




3 commenti:

  1. Grazie a te per questi bellissimi ricordi. Anch'io ripenso ai tempi di scrivi.com con sentimenti contrastanti, ma quelli che riguardano te e la nostra amicizia sono sicuramente i più belli. E poi ti dirò che alcune cose di Sylvia e Rattigan continuano a non dispiacermi affatto. Bellissimo il blog, me ne farò una scorpacciata. A presto. Matteo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Matteo! ripenso spesso a tutta la faccenda di Sylvia e Rattigan, lo sai. Non è finita...sai anche questo, vero?

      Elimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione e quindi non compaiono subito.