domenica 30 dicembre 2012

L'armadio delle meraviglie


Quando la nonna cucinava si sentiva un odore meraviglioso che si spandeva per le scale.
Ho abitato di fronte a lei per anni, quindi era facile suonare, entrare in cucina e rubare una polpetta prima che arrivasse nel piatto da portata. Erano irripetibili quelle polpette, tra gli ingredienti c'era un pezzettino di lei che solo lei possedeva. 
Lei si muoveva come danzando, con movimenti armoniosi e incantevoli che l’esperienza aveva reso naturali, e sapeva sempre quale piatto era il preferito di ciascun nipote. 
Io amavo la zuppa inglese, un trionfo colorato di crema pasticciera, budino al cioccolato e pan di Spagna imbevuto di liquore.
Poi giocavamo a sbarazzino e all’inizio mi faceva vincere, ma crescendo non ce n’è stato più bisogno.
La nonna era odore, soprattutto, e tatto di quella pelle morbida e chiara che sapeva di pulito, di buono, di onesto. Era curiosa la nonna, e possedeva una dignità che non ho mai più visto in nessun altro al mondo. 
Ma era soprattutto odore, e piacere dei sensi ogni volta che mi abbracciava.
Era odore anche il nonno, che ho perso troppo presto per potermi ricordare altro: sapeva di brillantina nei baffi e quando mi teneva sulle ginocchia mi sentivo rassicurata. 
Aveva gli occhi buoni e mi amava moltissimo. Forse perché ero la prima nipotina, quella che aveva addormentato correndo lungo il corridoio mentre cantava l’inno dei bersaglieri. 
Mi faceva fare tutte le foto possibili dagli ambulanti che passavano per strada. Ne ho su draghi di cartapesta, con caprette, pagliacci, piccioni e palloncini. Per lui ero bellissima, anche se non lo ero.
Gli odori…e quel piacere profondo che si prova quando si sente l’amore di una persona.
L’altra nonna mi ha insegnato a leggere e a scrivere a quattro anni, mi dettava le parole da inserire negli schemi di enigmistica, e si arrabbiava moltissimo perché non contavo le caselle, ma io le parole le vedevo, sapevo che erano giuste. 
Mi aveva insegnato a porgere con grazia il vassoio delle sue meravigliose praline agli ospiti, a salutare facendo un piccolo inchino, a camminare a testa alta e a stare composta a tavola. 
Nel mio abitino col nido d’ape, con i riccioli raccolti sulla testa, certi gesti sono diventati parte di me e ancora oggi, quando sono come al solito altrove, un piccolo accenno di inchino mi sfugge. La nonna era classe, intelligenza, cultura.
E poi il nonno, il patriarca, quello che si era arruolato volontario nella Grande Guerra come alpino.
Si faceva radere solo dal barbiere e si è sempre seduto a tavola vestito di tutto punto per rispetto a sua moglie che aveva cucinato. Aveva un senso della giustizia che stupiva e talvolta ci faceva sorridere. Organizzava ogni anno una riffa tra i quattro figli, con altrettanti “lotti” di ricordi di famiglia: pizzi ricamati dalla bisnonna, dipinti, strenne della sorella in via di beatificazione, ricordi di guerra. 
Per non favorire nessuno, un nipotino a turno estraeva l’ordine secondo il quale i figli avrebbero successivamente estratto il loro lotto. 
In quei pacchi si nascondevano tracce della nostra storia. 
Il nonno aveva un armadio delle meraviglie, nel quale teneva sotto chiave i ricordi più preziosi. In quelle occasioni lo apriva e ce ne mostrava il contenuto, ma mai tutto…qualche oggetto ogni volta, ciascuno con una storia bellissima e lontana, tanto più bella quanto più era vera e parlava di persone che erano in parte dentro di noi. Ricordo la curiosità, lo stupore, anche nel riascoltare racconti già sentiti.
Questo è stato il mio pieno di bellezza, quello che è venuto prima di Omero, della musica, dell’amore di un uomo e di tutti i cerchi che si sono allargati sul mio tronco, lasciando intatta, per fortuna, anche la bambina curiosa e stupita, che ha imparato ad annusare, a toccare, a guardare, ad assaggiare e ad ascoltare.



Mi dicono che ho un carattere difficile, ma forse è solo perché ce l’ho.
Forse ho imparato a conservare in un armadio delle meraviglie i miei ricordi preziosi e non temo la malinconia. 
Ho un carattere difficile, lo so, ma non mi piace gridare, trovo inutile la scortesia, penso sempre che anche le verità più dure possano essere presentate in bel modo. 
Difficile perché amo la chiarezza, perché l’integrità delle persone che mi hanno riempito la vita quando ero piccina ha gettato fondamenta indistruttibili. 
Quando il nonno apriva il suo armadio delle meraviglie potevo solo dire cosa avrei fatto da grande, ma non sapevo neppure cosa volesse dire essere grande.
Poi la vita gioca con i nostri destini a volte in modo crudele e da grandi sembriamo molto diversi dai bambini stupiti che siamo stati.
Eppure quella bambina c’è, ogni tanto vorrebbe mollare e smettere di cercare ancora quel guizzo di stupore, ma poi i nonni ritornano, in ogni gesto, nei rituali, nei pensieri, nello sguardo con cui osservo il mondo e allora ricomincio a credere che sia possibile.
Possibile ora, da grande, adesso che sento bisogno e voglia di quiete, trovare qualcuno che abbia voglia di aprire il mio armadio delle meraviglie, abbia la pazienza di ascoltarmi, ben sapendo che non aspetto altro che aprire il suo armadio delle meraviglie e ascoltare la storia di ogni minimo momento importante della sua vita.
Occorre solo avere un po’ di tempo per fermarsi e stupirsi ancora.



5 commenti:

  1. Che bello aver conosciuto questi nonni! Che ricordi meravigliosi, e quanta meraviglia ancora comunicano! Grazie, grazie davvero. Rosa

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  2. Cara un incanto quello che scrivi!

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  3. Grazie ragazze! i nonni sono stati e sono ancora le mie radici più profonde.
    A quel pieno di bellezza si ricorre sempre nei momenti duri, e sembra sia inesauribile.

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  4. I nonni vivono in noi se sappiamo serbarne i ricordi con tutti i nostri sensi. Tu l'hai scritto meravigliosamente. Grazie per l'emozione che mi hai regalato.

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  5. Che bello, ho ritrovato il profumo dei miei nonni, e pure l'armadio delle meraviglie!
    Grazie!

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