mercoledì 27 marzo 2013

Per colpa di un tacco


Ieri pomeriggio mi si è rotto il tacco di uno stivale, così oggi, all’uscita da scuola, ho deciso di portarlo in un centro commerciale da un calzolaio in grado di ripararlo subito, e ne ho approfittato per far sistemare anche un altro paio di scarpe.
Visto che da qualche giorno sono malinconica e piuttosto insofferente, e che di natura sono una solitaria, ho pensato che due passi in un posto pieno di gente mi avrebbero tirata un po’ su di morale.
Era l’ora di pranzo, ma siccome sto cercando di perdere qualche chilo mi sono mangiata una barretta dietetica al volo, una cosa orribile, gommosa, ricoperta di fiocchi di riso e chissà quali altre sostanze tristi che dovrebbero far disamorare al cibo.
Tutta pimpante e leggera sono entrata nel centro commerciale che era quasi l’una.
Non l’avessi mai fatto.
Un centro commerciale è decisamente un posto pochissimo adatto a una donna  a dieta, senza soldi e di malumore.
Mi sono subito diretta con passo militare verso il ciabattino, ho contrattato la riparazione e il tizio al banco mi ha dato uno scontrino e mi ha detto di passare a ritirare gli stivali dopo mezzora. Due riparazioni, di cui una in giornata, per un totale di ventotto euro.
Non sapendo come impiegare il tempo, mi sono infilata in libreria, cosa che non dovrei mai fare senza aver depositato il portafoglio nelle mani di un tutore inflessibile.
Sono tuttavia riuscita a resistere, facendo appello al buon senso che mi continuava a ripetere che ho una ventina di libri in attesa sul comodino, quando torno dal lavoro sono stanchissima, fino all’estate riesco a leggere pochissimo e che, comunque non avevo a portata di mano nessun titolo imprescindibile e quindi avrei potuto aspettare. Pertanto me la sono cavata solo con sei volumetti di un testo buddista che amo regalare e un paio di libri che mi sembravano veloci, per un totale di cinquantotto euro.
Visto che mi trovavo lì, sono andata a fare un giro e in una vetrina di abiti casual ho visto alcune magliette, di cui avevo davvero bisogno, che mi sembravano carine. 
Così sono entrata, altra cosa che non dovrei mai fare senza avere insieme a me uno stilista che mi suggerisca i colori più furbi da abbinare al mio guardaroba primaverile, che però è costituito prevalentemente da jeans, quindi ci sta sopra un po’ tutto. 
Lì ho eseguito alcuni velocissimi esercizi di respirazione, ho pensato alla bolletta di conguaglio del gas e mi sono limitata a tre magliette con relative canottiere, ordinandone una quarta - dell’unico colore davvero indispensabile- per un totale di centodiciannove euro.
In tempi di vacche grasse ne avrei comperato un esemplare di ogni colore -in totale erano dieci- perciò sono uscita sentendomi in colpa per aver speso comunque troppo, ma allo stesso tempo frustrata per non aver preso di tutto e complessata perché mi sento troppo grassa per provare gli abiti che mi piacerebbe indossare.
Una donna di malumore, che si sente in colpa perché ha speso troppo e si vede grassa e bruttissima, sola in centro commerciale all’ora di pranzo, cosa mai potrebbe fare? 
Lo giuro, ho cercato di combattere, sono anche andata in edicola a comperare il giornale decisa a sedermi a leggerlo su una panchina proprio di fronte a una colossale svendita di mobili, ma quando ormai ce l’avevo fatta, quando ero quasi fuori pericolo, sulla mia strada si è palesato un Old Wild West, con la sua insegna luminosa e il suo sublime odore di patatine fritte che si spandeva nell’aria, più invitante e irresistibile del canto delle sirene.
Lo giuro, ho traccheggiato un sacco davanti al menu, ho cercato ogni possibile difetto dei vari piatti - l’Apache con troppi cetrioli, il Dakota con il bacon che poi mi resta sullo stomaco, il Navajo senza cipolla, il Toro Seduto con troppi hamburger- ma non ce l’ho fatta.
La carne è debole: il paninazzo orrendo da fast food è una delle tentazioni di fronte alle quali perdo il controllo.
Il pensiero di quel bolo di sapori amalgamati di carne, cipolle, formaggio e salse che colano, accompagnato da una montagna di patatine fritte sintetiche e da una birra fredda mi provoca una sorta di regresso al peggior stato adolescenziale e sono incapace di reagire.
Sono entrata nell’Old Wild West ostentando una fierezza regale, ma mi vergognavo moltissimo e mi trascinavo dietro tutto il peso della mia infamia. 
Mi hanno messa a sedere in un tavolino da due, di fianco a una diligenza con le panche, sotto un mostruoso lampadario realizzato con una ruota di carro e proprio davanti a una finta testa di bisonte, riuscita malissimo, con il muso da gorilla.
Cercando di dare a intendere d’essere lì per puro caso e un po’ controvoglia, ho ordinato un Navajo -a cui ho fatto aggiungere della cipolla- le patatine e una birra. 
Nell’attesa ho finto di leggere con interesse la pagina culturale di Repubblica, ma il bisonte mi ha impedito di concentrarmi.
Sempre con nonchalance ho spazzolato il piatto, compresa la salsa western, un misto di maionese e polvere da sparo che ho subito sentito mi avrebbe raso al suolo buona parte dei villi e dei tentacoli dell’apparato digerente. 
Ho tracannato la birra in fretta sotto lo sguardo di disapprovazione del bisonte, poi sono andata a pagare la modica cifra di dodici euro, uscendo poco dopo con il marchio del disonore sul cuore e un panino enorme sullo stomaco.
Ho ritirato le scarpe, che grazie al cielo erano pronte, e me ne sono tornata a casa, ripetendomi che sono una mente labile, un’invertebrata, un‘anima molle.
Questa gita mi è costata complessivamente duecentodiciassette euro, almeno un chilo ripreso dei due e mezzo che ho perso faticosamente e un brufolo nella solita visibilissima posizione sul mento.
In più mi sento così cretina che il malumore, se è possibile, è peggiorato.
Però quelle patatine con la salsa western...




3 commenti:

  1. Propongo una terapia di coppia (mi end iu) per affrontare la fagogitosi di beni materiali non necessari alla sopravvivenza (i libri sono esclusi dalla lista de nominati).
    La terapia sarà composta di:
    step uan: riconoscimento dell'imminente attacco di fagocitosi
    step ciù: consegna della moneta sonante in mani fidate e ruminazione di ciclés alle 30 erbe alpine
    step thri: visione di una stagione intera di serie tv americane a sfondo fantasy-medieval (o horror, per chi gradisce)
    step foor: modellarsi i fianchi lateralmente con effetto swingato, in punta di piedi, ginocchia piegate e bacino basculante laterale (l'ho visto fare dalla Benedetta Parodi mentre cucinava..sostiene che snellisca i fianchi, voglio crederci).Le mani vanno appioggiate sul piano di lavoro, mentre controlli la cottura della pasta (quindi col vapore dell'acqua che bolle, depuri punti neri e brufoli da fast food).
    Proviamo?
    tua skbk junior

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    1. Junior (leggi "giùgnor) ci sto.
      Dovesse fallire anche questo piano diabolico, vi prego di chiudermi in una cella imbottita in compagnia di una decina di libri brutti e una fornitura industriale di barrette alla crusca.
      Lasciatemi l'iPod, però, sennò divento aggressiva.

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  2. irresistibile come sempre e come il piatto assurdo di quel postaccio! ci casco anch'io, con il Mac, ma ho la fortuna di avere un debole solo per birra e toast (e questo si chiama culo!!).
    ho un altro debole, che si chiama 'leggere quello che Bibi scrive'!
    oltre che leggere in genere.

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