A meno che non si tratti di una installazione permanente o di un opificio en plein air di sperimentalismi dadaisti, la terrazza del Truzzo è quanto di più rappresentativo della teoria del caos mi sia dato di conoscere.
Prima dell’arrivo del Truzzo credevo che le tre massime espressioni del disordine fossero la mia cabina amadio, il ripostiglio dell’ingresso e il cassetto della cucina che abbiamo chiamato the last beach perché contiene tutto ciò che in casa sfugge a qualsiasi tentativo di classificazione, perciò è sempre l’ultimo posto dove andare a cercare gli oggetti introvabili altrove - e se non sono nel cassetto last beach li diamo per persi.
Dopo aver visto la terrazza del Truzzo, tuttavia, mi sono resa conto che anche attribuendo elevatissimi livelli di entropia ai posti che ho menzionato, anzitutto in ciascuno di essi è possibile individuare alcune macro-categorie di elementi appartenenti al medesimo campo semantico, in secondo luogo il disordine segue una sorta di mappa lineare di tipo ricorsivo, prevedibile, benché in grado di evolversi all’infinito se non si procede periodicamente a porre fine al ciclo.
La terrazza del Truzzo no: ciò che vi fa bella mostra di sé non possiede alcuna logica, è del tutto imprevedibile e si evolve in uno spazio di fasi dotato di estrema libertà secondo orbite inafferrabili, che sembrano convergere ora qua, ora là in punti della terrazza che rappresentano attrattori più che strani.
Direi proprio stranissimi.
Si tratta infatti di un sistema complesso, nel quale le singole parti - cioè l’accozzaglia di mobiletti, oggetti e attrezzi vari che vi sono depositati- sono interessate da interazioni non lineari, locali, di breve raggio d'azione, che provocano cambiamenti nella struttura complessiva, mutando talvolta anche la loro originaria destinazione, il tutto in modo così imprevedibile da consentire alla scienza solo di rilevare dette modifiche, senza però poter formulare previsioni certe sullo stato futuro del sistema- terrazza-del-Truzzo considerato nella sua totalità.
A partire dalle interazioni tra i singoli componenti del sistema, capita di frequente che emerga un comportamento globale non previsto dallo studio delle singole parti, per cui improvvisamente, da una disposizione apparentemente caotica, per esempio di tubi di ferro, teli, fili di plastica, emerge per qualche tempo un gazebo, che ben presto si trasforma in una struttura che assomiglia a un ultraleggero, ma che probabilmente viene usata come ripetitore FM.
Semplificando, e cercando di definire le condizioni al contorno, si può ricavare il seguente modello, basato su un sistema di equazioni differenziali:
Il modello però non funziona che d’inverno, quando gli oggetti sulla terrazza sono in numero molto ridotto rispetto alla bella stagione e risultano visibili dalla mia posizione privilegiata.
Da un punto di vista filosofico, la terrazza del Truzzo può considerarsi riproduzione emblematica del cambiamento inerente a qualsiasi esistenza fenomenica, è l'allegoria dell’impermanenza, ma allo stesso tempo possiede una dimensione patafisica, in quanto raccolta di eccezioni che disgregano qualsiasi affezione a modelli ordinari di terrazze.
Infine, se la rappresentazione mentale corrispondente al significante terrazza ci riconduce a luoghi dai quali è possibile godere di vedute dall’alto -di affascinanti panorami urbani come di spettacoli naturali- è bene sapere che la terrazza del Truzzo è situata a un piano rialzato, si affaccia su un cortile interno e gode di una magnifica prospettiva sulle porte automatiche di alcuni garage.
E’ inoltre completamente circondata da palazzi, non altissimi, ma pur sempre stabili di due o tre piani.
Sulla terrazza sono assiepati anzitutto sette armadietti di plastica, di dimensione, colore e foggia diversa, che non ho mai visto aprire, ma che hanno assunto svariate disposizioni, sia in orizzontale, sia in verticale, sia in una sorta di emiciclo di dolmen.
Su di essi si sono alternati tinozze, scatoloni, palette, attrezzature da spiaggia, provviste confezionate, scarpe, una strana turbina, uno pneumatico, alcuni tubi di diversa lunghezza, una pompa da bicicletta, una pompa da canotto, dei cappelli, stivali di gomma, rubinetteria varia, un anemometro artigianale, talune pedane, un triciclo, un’antenna parabolica, un porta parrucche, un trasportino per animali, una piccola arnia e altre cose che non ricordo.
Tutto questo- vorrei sottolinearlo- sopra i mobiletti, poiché la terrazza del Truzzo sviluppa caos tridimensionale.
Altra struttura stabile è un divano, di stoffa, di quelli imbottiti, da interno. Se piove viene coperto, se nevica forma un tumulo e tocca spalare per liberarlo.
Il terzo elemento fisso è un dondolo, che tuttavia non viene usato perché non dondola. Non gli vengono messi neanche i cuscini d’estate. Credo che abbia una funzione decorativa, o venga utilizzato come stendino supplementare, oltre ai due che già ci sono di serie.
Ci sono inoltre due tavolini, sei sedie che recano il logo di un ristorante cinese, due o tre secchi, una pala, un rastrello, dei tubi innocenti, svariati giochi del Truzzino, un ombrellone, un barbecue di metallo con carrello, dei mattoni, un decespugliatore, una casina per uccelli -l’unica cosa che dovrebbe stare in alto, invece è sul pavimento- delle scope, un comodino, un asse da stiro e un attaccapanni a stelo.
Questo per quanto riguarda la dotazione standard, che ovviamente varia a seconda del clima e della stagione e non ha una posizione fissa.
A questa si aggiungono elementi in transito, sulla cui natura è lecito fantasticare secondo l’indole e l’esperienza di ciascuno: se siamo in grado di pensarli, essi prima o poi si manifestano sulla terrazza del Truzzo, in una continua strabiliante epifania.
In estate la terrazza assume una fisionomia affatto particolare grazie al gazebo, del quale mi riservo di parlare nel dettaglio più avanti. Anticipo solo che sotto il gazebo viene sistemato un televisore, con tutti gli accessori del caso.
E’ chiaro che la gestione della terrazza è estremamente impegnativa e tiene occupato il Truzzo quotidianamente, quali che siano le condizioni atmosferiche.
La manutenzione ordinaria si concentra soprattutto in un turnover degli oggetti sopra gli armadietti e nella disposizione diversa dei materiali più leggeri, forse in un onesto tentativo di mettere ordine, che tuttavia sortisce il curioso effetto di incasinare sempre di più.
Alcuni pezzi finiscono in garage, ma per liberare lo spazio necessario ad accoglierli, quelli che sono in garage vengono spostati in terrazza: è così che compaiono improvvisamente degli sci, un canotto, una scatola di attrezzi, delle taniche di olio da motori, dei rotoli di tela cerata e dei pattini roller.
Nei cambi stagionali si assiste invece alle manutenzioni straordinarie, durante le quali viene modificata la disposizione degli armadietti, orientato diversamente il divano, spostato il dondolo e vengono allestiti, a seconda dei casi, o una zona pranzo, o un deposito di oggetti temporaneamente dismessi dalla zona pranzo.
L’impianto elettrico viene messo a norma allo spuntare delle prime gemme in primavera e disinstallato con le prime piogge autunnali, in coincidenza con gli equinozi, benché i festoni natalizi restino appesi tutto l’anno.
La logica truzza vuole che su una terrazza di una quarantina di metri quadrati, invero occupata per buona metà da armadietti, divani e paccottiglia varia, non ci sia neppure un vaso di fiori.
In tutto questo avvicendamento, tuttavia, c’è un unico oggetto che non viene spostato mai: si tratta di una sorta di anfora etrusca, non molto più grande di un bollitore d’acqua, posta quasi al centro della terrazza.
Non so se venga usato come pluviometro empirico, o se rappresenti un’offerta rituale a qualche divinità del Valhalla, ma è come se esprimesse una sorta di ombelico, un fulcro energetico, un simbolo di stabilità in mezzo al delirio.
Devo ammettere che anche per me, ogni volta che mi affaccio e mi si palesa uno scenario nuovo sulla terrazza del Truzzo, la presenza di quel vaso è ragione di serenità, perciò è su di esso che mi concentro, lasciando i mobiletti, il divano e tutto il resto sfocati sullo sfondo.
-continua-
<Trattandosi di opera di fantasia, ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale>
Desidero ringraziare il mio Brother in Blog, Marco "Popinga" Barozzi, per l'indispensabile contributo nella descrizione del comportamento caotico del sistema-terrazza-del-Truzzo e per lo sviluppo della relativa equazione. In matematica sono una capra, lui invece è uno scienziato vero, oltre che un ottimo scrittore.
Quando finisci con il tuo truzzo se vieni a trovarmi ti presento i miei truzzi. Specialità: uscire in cortile e poi chiedere le chiavi della macchina; urlare per le scale (preferibilmente di notte), anche i visitatori devono farlo; accendere la luce delle scale di giorno ma spegnerla se qualcuno (io) l'accende di notte; altro ancora ma mi è venuta l'idea di farci un post.
RispondiEliminaMi rassicura che le equazioni le abbia fatte Kees.
Juhan, da come me li descrivi non mi sento di escludere che i miei truzzi e i tuoi siano parenti.
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