Di Torcuato Sòlas (1869- 1941) si sa tutto e non si sa niente: tutto si conosce della sua opera e dei suoi più reconditi significati, sviscerati dalla critica nelle minime sfaccettature, quasi a voler sottolineare la poderosa statura artistica di questo pittore e scultore, nome imprescindibile nelle avanguardie romagnole del Novecento; niente si sa invece dell’uomo Sòlas, o comunque troppo poco per delinearne una biografia che non sfoci inevitabilmente nella leggenda, a partire dalla sua nascita -chi lo vuole uruguaiano, chi italiano che si ammantava di esotismo, con un nome e un passato inventati, documenti falsi e una storia da dimenticare.
Già ai tempi del Cenacolo di Porto Corsini, nella prima metà del secolo scorso, intorno al suo nome aleggiava il mistero, ma la sua opera era già così apprezzata da far sì che intorno a lui si raccogliesse il fior fiore della gioventù artistica romagnola dell’epoca, da Arnaldo Biserani a Dello Feltraro, per tacere di Agnieszka Worek Kapeć, scultrice polacca dalla quale avrà sette figli.
Certo è che per un lungo periodo soggiornò in Francia, dove venne a contatto con gli artisti del Banalismo Francese, senza esserne tuttavia troppo influenzato, se non per quel sens de l'absurde che rivisiterà alla luce della sua ineffabile ironia, facendone la sua cifra stilistica.
La prima fase del suo percorso artistico non ha nulla di lineare, sembra essere una continua ricerca di quelle forme assurte a simbolo di se stesse, che solo nell’ultimo decennio della sua vita troveranno il codice per comunicare ciò che fingono di non voler dire.
Nell'opera di Sòlas la forma è dunque autosignificante, svuotata del significato legato alla rappresentazione mentale dei fenomeni, ma simbolo della costrizione sociale che vuole che tutto sia ciò che dichiara di dover essere.
È riduttivo pensare alla realtà fenomenica come filtrata da specchi deformanti, perché per Sòlas la deformazione del reale avviene per svuotamento di significato e solo l’Arte può nuovamente conferire al mondo uno spessore oggettivo, poiché solo l’Arte è in grado di suscitare l’unica esperienza reale: l’emozione consapevole di sé.
Sòlas è pittore e incisore, ma è soprattutto nella scultura che il suo linguaggio acquista quell’incisività che gli è propria: l’artista venne certamente a contatto con gli strutturalisti russi, facendo propri i principi fondanti del movimento, ma non si piegò mai ad abbracciare completamente il loro rigore teorico, mantenendo per tutta la carriera il tratto eclettico che l’ha sempre distinto in ogni ambito.
Convinto fino alla fine che le pressioni sociali, che propongono in modo impositivo modelli per ogni fenomeno, siano alla base dell’alienazione dell’uomo del Novecendo, ridotto a pura immagine priva di senso del sé, si proclama mediatore, in quanto Artista, di una presa di coscienza assoluta e oggettiva, testimoniando questo ideale con la sua stessa esistenza: dal 1931, infatti, smette di parlare, lasciando l’onere comunicativo alle sue opere.
In questo senso Sòlas non è più un comune artista, ma diventa l’archetipo della coscienza artistica salvifica e gnoseologica, poiché, come afferma Franco Piccione, "è proprio nel rendere ineluttabile la coscienza che interviene la mediazione dell'Artista, laddove l'uomo comune non è più in grado di scindere l'immagine dalla funzione".
Aldo Paletta dirà di lui “C’è più psicanalisi in Sòlas che nelle intere opere di Freud e Jung messe insieme”.
Credo che questa mostra di Gambettola offra un’irripetibile occasione per chi già conosce Sòlas di rispecchiarsi ancora nelle sue opere e per chi ancora non lo conosce, di conoscere in primis se stesso.
Ermete Paletta
Gambettola, giugno 2013
Nota del curatore: Nel presentare questo catalogo, ho voluto accompagnare le opere con aneddoti o commenti di chi ha conosciuto Sòlas personalmente, come mio padre Aldo Paletta, come Demetrio Malavasi, Attila Frustalupi, Rupert Musazzi, Franco Piccione e altri suoi contemporanei.
Opere pittoriche
olio su tela, 35x35
collezione privata Bagno Armando, Cesenatico
“Una vera superficie algebrica, il ciabattoide quartico.” (Rupert Musazzi)
“La ciabatta singola dell’opera di Sòlas va letta come allegoria del destino dell’uomo moderno, condannato ad essere monco di una parte indispensabile di sé, pur nella sua individuale completezza”. (Attila Frustalupi)
"Due mosconi", 1932
matite colorate su carta, 20x40
collezione privata Bagni Monello, Igea Marina
“Sòlas gioca sull’ambiguità dei significati nell’identità dei significanti: l’ominimia fenomenica trascende la raffigurazione mentale nel momento in cui ne scaturisce un’emozione sovrapponibile per intensità e, soprattutto, profonda consapevolezza” (Franco Piccione)
"Uomo affogato a Gabicce Mare", 1933
Acquerello su carta liscia, 45x 35
collezione privata Stazione Supercortemaggiore,
km.114 s.s. 16 Adriatica.
“Il tema della morte viene interpretato da Sòlas in una dimensione di assenza: non sparizione, o mancanza, ma indelebile traccia di un passaggio che traccia non lascia. L’esistenza ne emerge pertanto illusoria, inesistente nei suoi aspetti meramente materiali, ma assoluta sul piano emozionale” (Franco Piccione, conversazione con Bruno Capello e Attila Frustalupi)
"Tre ciappetti", 1937
olio su tela di lino, 200x100
collezione privata Ferramenta F.lli Ciani, Bellaria
Nell'ultimo decennio della sua vita, quando ormai aveva esplorato tutte le avanguardie, rivisitandole alla luce del sens de l'absurde proprio del Banalismo Francese, Sòlas ritrova nel quotidiano la fonte di ispirazione che gli permetterà di realizzare i suoi maggiori capolavori.
Attila Frustalupi, davanti a questo incredibile dipinto, ebbe a dire:" Mi farebbero comodo", come a voler sottolineare l'urgenza esperienziale che attraversa tutta la pittura del Sòlas più maturo e, quindi, definitivo.
"Yin, Yang", 1939
Olio su tela 100x220
collezione privata Merceria Wilma, Cervia
“Al di là della mutanda, significante di per sè non a sua volta significabile, Sòlas ci mostra una realtà che non ha il coraggio di mostrarsi, tanto da perdere significato. L'esile sostegno che regge le mutande - vuote - è uno schiaffo all'ipocrisia che vuole nel simbolo l'essenza, ormai perduta a favore della mera apparenza”. (Aldo Paletta)
"La condizione umana, autoritratto", 1941
tecnica mista, 22x20,
collezione privata Sanitaria Dott. Sangiorgi, Viserbella
Ormai prossimo alla morte, Sòlas dipinge questo capolavoro, sintesi di una ricerca portata all'estremo concettuale dell'opera d'arte come parte di un sè che si vorrebbe integro, ma che inconsciamente risente di quella raffigurazione sociale del sè che ne impedisce la libera espressione.
Si dice che Demetrio Malavasi, la prima volta che vide questo quadro, esposto postumo, svenne. Dirà poi: "Mi ci sono riconosciuto, come se mi fossi guardato allo specchio senza essermi mai visto prima" (Demetrio Malavasi, conversazione con Aldo Paletta)
"Il ventre della coscienza", 1940
tempere a olio su carta, 10x15
collezione privata Sanitaria Dott. Sangiorgi, Viserbella
Nel suo volume "Sòlas e la pittura eventuale", 1966, Edizioni d'Arte Aldo Paletta, Cesena, Demetrio Malavasi sottolinea come Sòlas risulti pessimista solo ad un'analisi superficiale, poiché in tutta la sua opera, caratterizzata da una profonda ironia, la condizione umana più che disperata, ne emerge irrimediabilmente grottesca ma, benché svuotata di un autentico senso di sè, in grado di osservarsi e di esprimere un giudizio inclemente e intellettualmente onesto laddove venga liberata dal desiderio di apparire.
"L'eterno Femminino", 1929
scultura in metallo
collezione privata Casalinghi Ricci Luciano e Figli, Gambettola
“Il primo Sòlas scultore è già in grado di ridurre il segno all'essenzialità, in un impatto visivo ed emozionale nel quale lo spettatore non solo si identifica con l'opera, ma è l'opera stessa”. (Aldo Paletta)
"C'è l'eco dei ready-made di Duchamp, ma mediato da una profonda consapevolezza interiore, da una visione concettuale che anticipa la pop art". (Rupert Musazzi)
"Homo Homini Penis", 1929
scultura in metallo
collezione privata Casalinghi Ricci Luciano e Figli, Gambettola
"L'uomo di Sòlas è immerso in una irrimediabile solitudine, vittima di se stesso e della propria autoreferenzialità genitale. E' una visione cruda, critica verso il maschilismo dell'epoca, ma al contempo fiera, quasi eroica: è il ritratto del maschio guerriero per volere sociale, disperatamente aggrappato al potenziale del proprio pene". (Aldo Paletta)
“...è proprio nel rendere ineluttabile la coscienza che interviene la mediazione dell'Artista, laddove l'uomo comune non è più in grado di scindere l'immagine dalla funzione. L’ uomo effettua infatti un'autopenetrazione, con il suo piccolo pene, nel grande pene sociale, immagine di potenza, ma castrante, in quanto vincolo alla propria identità di maschio”. (Franco Piccione)
"Pomposa di notte", 1931
scultura in metallo
collezione privata Casalinghi Ricci Luciano e Figli, Gambettola
"Sòlas paesaggista, nella pittura ma ancor di più nella scultura, svuota l'ambiente di ogni rumore di fondo, ed è in questo vuoto che può espandersi l'emozione e conferire alla forma simbolica una verità più autentica della realtà stessa." (Franco Piccione)
"... la slanciata eleganza del campanile, lama nel cielo, la moltiplicazione dei rosoni sulla facciata, a richiamare la luce solare e divina sui fedeli, il timpano trasparente, a dire che in questa casa nulla vi è da nascondere..." (Rupert Musazzi)
"Gravitazione Universale", 1937
scultura in metallo
collezione privata Ferramenta F.lli Ciani, Bellaria
"Sòlas scultore osserva la natura con lo stupore di un bambino e la interpreta con la disillusione dell'uomo moderno" (Attila Frustalupi in "Perchè investire in Sòlas, guida alla personale dell'Artista", Magazzini F.lli Ciani, Bellaria, 1940, con il patrocinio di Aldo Paletta Edizioni d'Arte)
"Gravitazione Universale si regge su un supporto in resina trasparente, fortemente voluto da Sòlas per mettere in risalto l'idea dell'universo nel quale si muove ogni piccolo o grande sistema. E' interessante notare come l'Artista abbia voluto rappresentare la gravitazione in modo squisitamente meccanico, come se bracci metallici regolassero i rapporti tra i corpi celesti”. (Franco Piccione)
"La Piramide Sociale", 1937
scultura in legno e metallo
collezione privata Panificio Zaira Pane e Pasta, Cotignola
“Considerata l'opera più politica di Sòlas, rappresenta un atto di coraggio per l'epoca storica in cui fu realizzata e non pochi vi intravidero un messaggio e un incitamento alla ribellione rivolto al popolo, purtroppo grezzo e inconsapevole del proprio potere rispetto alla raffinatezza lucente delle classi dominanti. A causa di quest'opera Sòlas fu arrestato, interrogato e poi rilasciato, ma per un lungo periodo l'OVRA lo tenne sotto stretta sorveglianza. La reazione di Sòlas fu realizzare un dipinto con il medesimo soggetto”. (Demetrio Malavasi)
“Ettore”, 1939
scultura in metallo
collezione privata Casalinghi Ricci Luciano e Figli, Gambettola.
“ La sproporzione del corpo del guerriero, saldamente ancorato alla sua natura terrena, che non arretra di fronte alla paura della morte, sottolinea ancora una volta il ruolo sociale imposto all’uomo, che penalizza la coscienza di sé e lo avvicina allo spirito -emozione, pathos, empatia- solo con quell’artificiosa proiezione dello stesso sé costituita dall’arma, prolungamento del pene, ma altro-da- sé. Nel gioco dei ruoli, l’uomo non può che essere perdente se non capovolge il suo punto di vista e non si riappropria dell’essenza oltre la forma e l’archetipo” (Franco Piccione, conversazione con il suo psicanalista)
“Andromaca”, 1939
scultura in metallo
collezione privata Casalinghi Ricci Luciano e Figli, Gambettola
“...la donna con grandi seni, grande cuore e grande testa, reiterazione fenotipica della sfericità uterina, è interamente protesa all’accoglienza senza bisogno di maschere, quindi è la sola che può accedere alla realtà attraverso l'emozione. In questo Sòlas si può definire femminista ante litteram, eterno figlio, insaziabile amante, ammiratore della Donna-casa-rifugio-nutrimento, aperta in ogni poro a generare e ri-generare il maschio smarrito al quale la guerra non dà più occasione di riscatto emotivo.” (Franco Piccione, conversazione con Rupert Musazzi).
Torcuato Sòlas tra psicanalisi e isolamento del simbolo
Gambettola, 21 giugno/23 settembre 2013
Magazzino Casalinghi Ricci Luciano e Figli, Viale Risorgimento 31
Aperta dal martedì alla domenica, ore 10-19
Con il patrocinio di:
Fondazione Edizioni d’Arte Aldo Paletta, Cesena
Ferramenta F.lli Ciani, Bellaria
Casalinghi Ricci Luciano e Figli, Gambettola
<Grazie a Kees Popinga, Brother in Blog, che ha raccolto le testimonianze di Rupert Musazzi>
Credo proprio che ci farò una visita, come si deve, magari in più giorni. Interessanti soprattutto le cornici.
RispondiEliminaOpere fantastiche, critiche profonde, allestimento indimenticabile. Ho visitato la mostra al vernissage, dove ho potuto anche parlare di Sòlas con Ettore Paletta e Rupert Musazzi. Ho anche finalmente comprato la punta da legno dell'8 per il mio trapano elettrico e una decina di gancetti per appendere le riloghe.
RispondiEliminaMi ero perso questo capolavoro, mea culpa! Irresistibile. Qualche opera di Agnieszka Worek Kapeć ce la fai vedere? Ti prego.
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