Non voglio tergiversare, anche se un po’ suspense sarebbe opportuna: il Truzzo ha un cane.
L’ha preso lo scorso autunno, quando ha smontato il gazebo.
Un bel giorno è arrivato con un cucciolo, e quando l’ho visto zampettare sulla terrazza, accompagnato dai gridolini di entusiasmo della Truzza e dagli inviti a giocare del Truzzino, ho avuto un calo improvviso di pressione.
Mi sono immaginata scenari apocalittici, nei quali il cane truzzo abbaiava senza motivo per ore, sempre durante le mie penniche, o di notte, nell’indifferenza dei padroni, o addirittura incitato da loro ad aggravare la situazione di molestia che l’intera famiglia è in grado di creare anche senza quadrupedi.
Invece no, il cane truzzo si è rivelato di una levatura culturale ben superiore a quella dei padroni: non abbaia mai, al più emette qualche suono di soddisfazione quando gli tirano una pallina o attende la ciotola del cibo.
A volte ho persino l’impressione che quel suo certo girare intorno alle gambe dei Truzzi mentre schiamazzano, sia una sorta di danza di disapprovazione che attua nel tentativo di educare i padroni, purtroppo senza alcun successo.
Quindi, passati i primi giorni di terrore, il cane truzzo ha guadagnato tutta la mia stima.
A voler essere onesti, il cane è truzzo solo nell’aspetto, perché nei comportamenti pare invece creatura di un certo spessore, di notevole acume e profondamente simpatica.
Si tratta di un maschio di pastore tedesco bonsai, di corporatura robusta e brevilinea, che fa pensare che il sangue del nobile antenato lupo sia stato stemperato nel tempo da generazioni di attrazioni fatali.
Il muso affilato è sovrastato da due grosse orecchie da pipistrello in grado di assumere geometrie insolite, le gambe sono corte e piuttosto storte, la coda -seppur mobilissima- è una specie di cordolo con poco pelo raso.
Da amante dei cani lo apprezzo, ma onestà intellettuale impone di dire che la sua bellezza è alquanto soggettiva.
Diciamo che è un tipo.
Durante i primi giorni dopo il suo arrivo, il Truzzo e la Truzza hanno discusso a lungo per decidere il nome. Il Truzzo si è orientato su Skorpion, e la cosa non mi ha per nulla sorpresa: uno che chiama il suo primo figlioletto Morgan, non può che avere un cane con un nome coerente.
La Truzza, invece, in un moto di sobrietà che evidentemente non ha avuto quando s’è trattato di dare un nome al figlio, ha insistito molto per Pippo, che se non brilla per originalità, almeno è un nome da cane e non da killer sociopatico.
Dopo animate trattative, hanno deciso, a dispetto di ogni manuale di educazione canina, che ciascuno l’avrebbe chiamato come preferiva.
Il cane se n’è fatto subito una ragione e ha sempre risposto a entrambi: sono convinta che di come lo chiamino loro lui se ne freghi altamente, poiché il suo nome lo sa benissimo, e che li lasci fare, consapevole della sua superiorità.
Ritengo che il cane dei Truzzi dentro di sé si chiami Gianmaria.
In ogni caso, era evidente che il Truzzo si fosse preso Skorpion/Pippo/Gianmaria per farne un feroce cane da guardia, se non da combattimento, oltre che una buona compagnia quando traffica in garage per realizzare qualche grande opera avveniristica mentre il Truzzino è alla scuola materna.
Gianmaria invece si rivelato subito refrattario a qualsiasi tentativo di addestramento.
Per tutto il mese di settembre e per buona parte di ottobre, il Truzzo si svegliava di buon’ora, faceva fare un giro al cane nel giardino condominiale -senza raccogliere mai nulla, finché qualcuno non gliel’ha fatto notare, forse lo stesso Gianmaria- poi trascorreva qualche ora a promettergli bocconcini prelibati se lui si fosse seduto, accucciato, steso, alzato, girato, messo a pancia all’aria, o avesse riportato oggetti a comando, secondo un sistema di ordini in tedesco. Forse lo riteneva di madrelingua teutonica.
Tutto questo con in mano un dizionario essenziale Truzzo/Cane, che consultava in continuazione, bestemmiando qua e là per non perdere l’abitudine.
A volte Gianmaria assumeva una certa posizione prima che il Truzzo gli avesse dato il relativo comando, costringendolo ad andare a verificare a posteriori sul dizionario come si dice in tedesco quello che il cane aveva fatto per conto suo.
Scena tipo: Gianmaria si metteva seduto, il Truzzo: “Che caz... -sfogliava il libretto di istruzioni per cani- ah, sì: Skorpion sitz!”. Gianmaria lo guardava traboccante di affetto, ma anche con una certa commiserazione, restava immobile finché il Truzzo non appariva soddisfatto del comando postumo, poi si alzava, si girava e gli portava una palla. Il Truzzo: “ ‘spetta...sì, no, ah ecco: Skorpion bring! Bring la pallina, bravo cane!”.
Così per più di un mese, finché Gianmaria non s’è scocciato di far giocare il padrone ed ha preso ad andare in giro da solo.
Tutto è avvenuto in modo molto casuale. Il Truzzo si era portato Gianmaria in garage e mentre era concentrato a mettere a punto qualcosa di determinante per l’umanità -forse una macchina in grado di viaggiare nel tempo- il cane, che stava esplorando il giardino condominiale, ha trovato il cancello aperto ed è andato a fare due passi fuori.
Solo che è rimasto in giro per sei ore.
É stato un pomeriggio di panico generale, con il Truzzo che gridava disperato “Skorpion” da una parte all’altra dell’isolato con voce stentorea, la Truzza che è tornata dal lavoro e ha preso a insultare il marito, il Truzzino che piangeva e buona parte del vicinato mobilitata alla ricerca di un cane che in realtà nessuno aveva mai visto, perché prima di allora nessuno si era preoccupato di portarlo fuori dal giardino condominiale.
Nel giro di un paio d’ore l’intera zona era tappezzata di fotografie di Gianmaria, che peraltro non rendevano pienamente giustizia alla sua bellezza fuori dai canoni.
Era passata ormai l’ora di cena quando Gianmaria è tornato, tranquillissimo, scodinzolando con quello scopino secco che si porta dietro, ha reclamato i croccantini e, nonostante il pistolotto durissimo del Truzzo, non ha mostrato il benché minimo rimorso.
Credo che questo abbia convinto i Truzzi a inserire al cane il microchip di riconoscimento, ma non ha impedito a Gianmaria di andarsere per i fatti suoi ogniqualvolta trova il cancello aperto.
Lo si incontra spesso da solo ai giardinetti, mentre socializza con estrema cortesia con altri cani, o lo si vede annusare misteriose piste tra i palazzi del quartiere, mentre svolge indagini alla ricerca di qualche gatto -che poi non insegue, ma si limita a guardare muovendo la coda.
Sono i suoi momenti di decompressione, quegli spicchi di quiete e civiltà che si ritaglia per sopportare la convivenza con i Truzzi.
Anzi, io credo che Gianmaria sia una creatura superiore che sta scontando una terribile retribuzione karmica con questi padroni evidentemente inadeguati a lui, e che lo scopo della sua esistenza sia quello di mostrare loro cosa significa stile, buona creanza, rispetto per gli altri.
Penalizzato da una nascita plebea, nasconde un animo nobilissimo e, a guardarlo con attenzione, se si prescinde da alcuni dettagli ai quali con il tempo si fa l’abitudine, è anche un gran bel cane.
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<Trattandosi di opera di fantasia, ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale>